archeologia preventiva

Cos’è il SURVEY archeologico?

Il SURVEY archeologico o ricognizione archeologica è un tipo di indagine di superficie. Si tratta, in sostanza, dell’indagine preliminare, sistematica o no, rivolta all’individuazione di aree di interesse archeologico. Tale ricognizione può essere effettuata in via preventiva in presenza di un progetto di edificazione di opere pubbliche o private a scopo di ricerca o può anche precedere e accompagnare uno scavo archeologico che va ad ampliare un’area di interesse archeologico già presente e conosciuta.

Il termine inglese SURVEY che letteralmente significa sondaggio è quanto mai adatto a descrivere questa fase particolare poiché il terreno viene appunto “sondato” alla ricerca di una qualche testimonianza di epoche storiche passate.

SURVEY come archeologia preventiva

L'osservazione in superficie dei manufatti è condizionata dalla visibilità di ciascuna Unità Topografiche (UT) al momento della ricognizione. In linea di massima è opportuno segnalare il diverso grado di visibilità in una carta apposita, i cui dati, se incrociati con quelli della densità di manufatti per metro quadro, possono in parte compensare i valori acquisiti attraverso la semplice osservazione diretta (in altri termini, una frequenza bassa in zone con scarsa visibilità va, al momento dell’interpretazione dei dati, considerata un valore meno affidabile e, potenzialmente, da incrementare). Essendo peraltro la visibilità determinata anche dall’uso del suolo, è opportuno integrare la cartografia specifica con una carta dell’uso del suolo. Oltre che dai cicli stagionali di crescita della vegetazione (per le aree incolte) e di aratura o semina (per le aree agricole), la visibilità è influenzata anche dalle condizioni meteorologiche specifiche ed in particolare dalla pioggia. Nelle ore immediatamente seguenti le precipitazioni piovose, infatti, la visibilità del terreno sarà migliore e quindi la frequenza registrata potenzialmente maggiore.

La situazione descritta in cartografia è indice di un valore relativo rispetto al quale il quadro metodologico e giuridico in relazione alle attività di trasformazione del territorio e soil disturbing è ancora notevolmente fluido. Sia in ambito scientifico sia all'interno degli organi di tutela centrali e periferici permane tutt’ora una mancanza di accordo sulla stessa terminologia da impiegare e sul relativo significato. La discussione verte soprattutto sull’impiego di due termini, “potenziale archeologico” e “rischio archeologico” che in alcuni ambienti vengono considerati sinonimi al punto da raccomandare l'impiego del termine “potenziale”, visto con connotazioni positive, in luogo di “rischio”, che suggerirebbe una valutazione negativa della presenza di evidenze archeologiche sul territorio. In realtà i termini non sono sinonimi. Malgrado una certa vaghezza metodologica, si può affermare che dalle carte di densità di manufatti per metro quadro si può ricavare, induttivamente (cioè considerando la densità riflesso diretto dell'evidenza archeologica non visibile) o deduttivamente (attraverso modelli interpretativi più complessi), una “carta del potenziale archeologico” intesa come strumento che indica la maggiore o minore possibile presenza di depositi archeologici stratificati nel sottosuolo.

Dalla valutazione del potenziale è possibile poi derivare una “carta del rischio archeologico” vero e proprio, valutato come rischio per l'opera di interferire con depositi stratificati o altri elementi archeologici e quindi di causare possibili distruzioni involontarie o subire inattesi ritardi di esecuzione. Il valore del rischio non è però direttamente proporzionale al potenziale ma dipende da altri due fattori, l’invasività dell’opera da realizzare e il livello strategico dell’opera stessa e dell’area in cui si inserisce. Si tratta quindi di una nozione che ha senso impiegare soltanto in sede di progettazione preliminare, quando cioè è possibile modulare le caratteristiche dell’opera in funzione della presenza o meno di evidenza archeologica con misure di mitigazione dell’impatto.

SURVEY come ulteriore indagine di approfondimento in relazione alla foto interpretazione

Ai fini del completamento delle valutazioni dell’impatto archeologico, è utile condurre una ricognizione topografica a vista (survey). La ricognizione a vista viene effettuata  mediante l'osservazione autoptica del terreno. Viene esaminato il suolo particella per particella, posizionando le evidenze archeologiche e le aree di frammenti fittili (cioè le zone in cui sono visibili in superficie frammenti ceramici di qualsivoglia ambito cronologico) su Carta , con il riscontro degli stralci della planimetria catastale e dell’ortofoto del SIT. In seguito si procede alla redazione di Unità Topografiche (UT), classificate a seconda delle condizioni di visibilità, della qualità della vegetazione e dello stato dei luoghi; tali Unità vanno documentate, anche in caso di inaccessibilità, con apposite schede ed immagini digitali. 

L’analisi delle foto aeree, affiancandosi alla ricognizione al suolo, fornisce ulteriori dati che, assieme alla documentazione di altre evidenze, permette di precisare meglio le osservazioni integrando la valutazione induttiva del potenziale con altri elementi.

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